Ludovico Einaudi Roma 22 Giugno 2023
23 giugno 2023 Magazine
I concerti di Ludovico Einaudi sono un’esperienza mistica, un viaggio di ritorno all’essenziale.
Nella splendida cornice del Cavea all’Auditorium Parco della Musica di Roma gremito fino all’inverosimile, il grande artista si presenta sul palco con discrezione, saluta il pubblico e si accomoda al pianoforte dando le spalle alla platea.
Nel momento in cui comincia a sfiorare con le dita quei tasti bianchi e neri capisci che stai vivendo un imperdibile istante.
Il concerto è imperniato su “Underwater”, il suo ultimo album inciso durante il lockdown, in cui l’alternanza di suoni puramente melodici e rilassanti e la drammaticità dell’isolamento si fondono, creando una miscela di emozioni, di sensazioni che sono aria o, forse oserei dire, sono un atto di fede alla vita.
In questo album dal suono ovattato ci si isola all’interno di un’altra dimensione, si è lontani da tutto. Ciò che colpisce, oltre alle note, a volte ossessive e ripetitive, sono le pause che lasciano senza fiato.
Si è sott’acqua dentro un oceano compositivo in cui è possibile trovare i propri tempi, i propri spazi, in cui vive l’IO di ognuno di noi.
Il concerto è un susseguirsi di emozioni e la potenza evocativa di ogni nota dimostra quanto spesso siano inutili le parole.
Ma non solo.
Ogni nota, ogni pausa, ogni dissonanza, se ascoltate con la giusta attenzione, contengono al proprio interno libertà, malinconia, gioia, amore, tristezza; tutto ciò che serve – come detto – a delineare un atto di fede nella vita.
Ad accompagnare il grande pianista sul palco: Redi Hasa (violoncello), Federico Mecozzi (violino) e Francesco Arcuri (elettronica e percussioni), storici collaboratori anche in studio.
Le due ore di questa esperienza mistica musicale si chiudono con “Experience”.
Uno dei tanti capolavori del Maestro parte con dolcezza: le prime note sembrano essere sussurrate ad ogni singolo spettatore. Ogni sussurro di note è il verbo della passione che diventa travolgente ed incalzante con l’entrata in campo degli archi e poi delle percussioni, che disegnano idealmente con la musica lo scandire del nostro tempo, fatto di rumori, passioni, esperienze ma anche di silenzi e momenti di solitudine.
Applausi lunghissimi e ripetuti, il pubblico congeda Einaudi con una lunga standing ovation.
Cosa rimane dopo un concerto così? E’ difficile spiegarlo. Ho ascoltato ogni brano con la massima attenzione, in alcuni avevo gli occhi umidi, su altri ho accennato un sorriso di stupore, su altri ancora ho visto la mia vita, per intero. Sì, la vita intera, in cui ho fatto in tempo ad avere un futuro, ho fatto in tempo a perdere tempo, ho fatto in tempo a morire ogni tanto, ho fatto in tempo a dire e non dire, ho fatto in tempo a capire che la musica, anche senza le parole, aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori.
E niente è più di così.
Lo Sciamano